ALESSANDRO ALGARDI

LÁ DOVE SI ASSENTANO LE PAROLE

 
1 dicembre 2021 – 24 gennaio 2022

ALESSANDRO ALGARDI

LÁ DOVE SI ASSENTANO LE PAROLE

1 dicembre – 24 gennaio 2022

“Non ha  senso sapere quale testo io abbia scritto, né tentare di decifrarlo. Non rivelo mai il contenuto della mia scrittura, che deve restare misterioso, enigmatico, impenetrabile: sarà l’osservatore a decifrarlo, con le proprie conoscenze e sensibilità, a svelare il mistero, un mistero che sarà sempre personale, unico, mai uguale a un altro”

Galleria Gracis è lieta di presentare Là dove si assentano le parole, la prima mostra personale di Alessandro Algardi (Milano, 1945) presso gli spazi di Piazza Castello a Milano.

L’esposizione ben sintetizza il senso e l’evoluzione della ricerca artistica algardiana incentrata sulla contaminazione di due linguaggi: scrittura e pittura, dal cui sodalizio si sviluppano i racconti illeggibili che contraddistinguono l’intero arco della carriera dell’artista. Il secondo però – la pittura – annulla il primo, rendendolo evanescente, un racconto non svelato: una stratificazione di pensieri, che conduce lo spettatore a interrogarsi sulla decodificazione.

Le 18 opere dell’omonimo ciclo Là dove si assentano le parole, che dalla mostra prende avvio, segnano il nuovo traguardo, o forse la nuova partenza?, della vicenda artistica di Algardi che, dopo decenni di scrittura densa e ininterrotta, pone l’accento ora sull’assenza delle parole, sugli spazi vuoti che esse lasciano sulle tele e sulle carte; uno spazio generativo per il fruitore, il quale può colmarlo con le personali impressioni.

In Là dove si assentano le parole Algardi affronta il concetto di “Ma” proveniente dalla cultura giapponese, che si può tradurre come pausa, intervallo, assenza.

Il vuoto, quindi, come categoria estetica, elemento implicito ma fondamentale. È solo grazie ad esso che le forme realizzano il loro potenziale estetico e linguistico. Il vuoto come forma definita, un nulla denso di significato, ed è questo il senso del vuoto/pausa linguistica del discorso pittorico e segnico di Algardi. Non ci può essere un discorso senza la pausa generata dai vocaboli, in quanto, sebbene essi siano illeggibili nelle opere dell’artista, restano pur sempre elementi strutturali di una narrazione, in cui sono proprio le pause a scandirne il ritmo.

Ad introdurre il percorso espositivo Manoscritto, un’opera del 1979 che segna l’incipit della storia che l’artista ha deciso di trascrivere sulle pareti della galleria. Le opere, infatti, sono state concepite consequenziali l’una all’altra come pagine di un racconto che si snoda ripercorrendo il processo creativo dell’artista.

Opere come Dalla A alla Z (2018) sono interamente costruite su un vuoto, un vuoto tra gli estremi del linguaggio, ed è proprio esso che esplicita il significato dell’opera, che suggerisce le infinite variabili che si diramano tra i due estremi alfabetici. Nella versione bianca del 2021 di Là dove si assentano le parole il discorso parte dall’alto, quasi a continuazione di una storia iniziata da altri, in Ubi verba absunt del 2020, al contrario, solo la prima pagina è toccata dalla scrittura mentre quella accanto è ancora in attesa del gesto dell’artista.

Le linee e i riquadri incatenano le parole, e così i pensieri, sulla pagina, permettono loro di fissarsi, affondare le radici nella permeabilità della carta/tela, e quasi scomparire, assorbite dalla materia. La variazione continua degli schemi costruttivi, basati spesso su mutazioni minime, impercettibili, conduce l’opera verso sentieri di senso e simbologie costantemente inediti e rappresentano la vera ricchezza e vivacità del lavoro di Alessandro Algardi.

L’artista, da sempre legato alla monocromia, sperimenta nelle carte le infinite ed eleganti variazioni di toni bianchi e neri grazie a una capacità tecnica che ci porta ad apprendere che non esiste un nero, ma una gamma cromatica infinita di annullamento della luce.

Bitume, grafite, oli, acrilici, lacche, ogni strumento che l’artista utilizza è estremamente studiato e scelto per le sue specificità. Le differenti grammature di carta con la loro porosità, rigidezza, il candore più o meno ricercato, o completamente negato come in quelle nere, divengono strumento nelle sue mani, vero mezzo espressivo complice dell’autore. In queste scelte preliminari emerge l’aspetto più razionale del suo creare, che però dalla carta, a differenza della tela, si lascia guidare in un momento artistico più breve e immediato, che nasce, cresce e si realizza in tempistiche brevi, d’impeto. La grafite gli permette di tornare all’origine del suo linguaggio scritturale: cosa se non la carta e la matita, in fondo, sono strumenti del narratore? È un ritorno all’origine, alla base, al vocabolario dell’intero suo lavoro e spunta fuori la gomma da cancellare, il pentimento, sulla carta possibile al contrario delle tele. La gomma diventa sia base per la nuova creazione, generando le righe pentagramma della scrittura, sia tabula rasa da cui ricominciare. Il bitume, altra materia che Algardi utilizza per annullare e celare il suo racconto, lascia intuire la presenza del gesto sottostante, ma al contempo lo isola. C’è ma non lo mostra, si deve intuire, occorre fidarsi, perché sotto tutta questa materia soggiace una parte dell’artista che esiste nel substrato, che l’artista stesso non è pronto a scoprire e dunque sigilla per sempre nell’istante creativo.

È un percorso vitale quello che si sviluppa nelle opere di Algardi, c’è sempre un inizio, uno svolgimento (proprio come in un racconto) e una fine, ma tale lavoro non scorre lungo la pagina bensì si stratifica su di essa, finendo per auto negarsi.

L’autonegazione è, infatti, il comune denominatore del lavoro dell’artista, che srotola nelle sue opere racconti di vita, che finiscono per annullarsi nella sedimentazione. Per questo occorre tempo per la fruizione, ed è qui che l’opera si concretizza, nel suo incontro con l’altro, nella curiosità per ciò che si ha di fronte, una curiosità che è alla base della socialità, dello scoprirsi, nella voglia di farlo.

Testo a cura di Francesca Tribò

Orari mostra:
lunedì – venerdì 10.00 – 13.00 | 14.00 – 18.00
Opening 1 dicembre dalle ore 10 alle 20
L’artista sarà presente dalle ore 17
I giorni 2, 3, 9 e 10 dicembre l’artista sarà presente in mostra dalle ore 16
Per informazioni:
Tel: 02-877807
Mail gracis@gracis.com

LE OPERE IN MOSTRA